martedì 13 settembre 2011

Festival Letteratura Mantova: Abbiati racconta Zollinger



Mercoledì 7 Settembre al Festival Letteratura di Mantova ha debuttato lo spettacolo di Roberto Abbiati “Lo stampatore Zollinger”, dal romanzo di Pablo D’Ors, prodotto da I Teatri di Reggio. Lo spettacolo racconta in modo surreale e poetico le avventure del giovane August Zollinger che, fra incontri, amori, casualità, realizzerà il suo sogno di fare il tipografo. Roberto Abbiati è il protagonista, tenero, impacciato, quasi sempre silenzioso e con una  mimica straordinaria e poetica. A raccontare la storia, in veste di narratore,  è Marino Zerbin, splendido caratterista che mescola racconto e dialetto milanese. In scena anche le macchine d’invenzione, poetiche rivisitazioni degli attrezzi di stamperia, inventate dallo stesso Abbiati. Prima dello spettacolo abbiamo incontrato Roberto Abbiati .

Come si è trovato a lavorare con I Teatri di Reggio ?

“Loro sono stati coraggiosi. Io non faccio del teatro classico, sapevano di correre dei rischi. Mi hanno messo a disposizione teatro, laboratori, cordialità per poter fare. A me è piaciuto molto lavorare lì:  amo i posti in cui si costruisce, e loro hanno dei bei laboratori. Ho potuto costruire le mie cose: scenografie, macchinerie, mi è piaciuto molto quest’aspetto.
Il teatro Cavallerizza è lo spazio ideale per lavorare. Il teatro all’italiana è un brutto teatro per l’attore e per il pubblico. La Cavallerizza fa riferimento all’anfiteatro greco, è più versatile, puoi fare tutto: allunghi, stringi, fai. Io mi sono trovato benissimo.

La scelta del testo: cosa è scattato e perché?

“E’ un po’ un aneddoto. Mazzacurati che è regista di cinema e amico, mi ha detto “Ho letto tutto d’un fiato questo libro secondo me è fatto per te, è un testo da cui solo tu potresti cavar fuori uno spettacolo teatrale” e più d’uno di quelli che l’ hanno letto hanno avuto la stessa sensazione. Io non so il motivo, è una storia così surreale, è strana da mettere in scena. Parla di una persona che mi somiglia molto, il protagonista August. E allora mi ci sono messo, ho capito che era una strada possibile e ho fatto lo spettacolo.”

Quando ha letto il libro ci si è ritrovato?

“Sì. Succedeva tutto subito, come io dicevo lo farei così, tutti mi dicevano che era il modo giusto. Io sono un tipografo. Dentro di me sono un tipografo. August Zollinger è uno che vuol fare il tipografo. Sono io August Zollinger. Io amo la tipografia, amo il profumo dell’inchiostro. Io sono nato per esser tipografo, conosco tutto della tipografia, frequento tipografie, amo le macchine da stampa, le Heildeberg, le Stella quelle che prendono i fogli. Adoro, conosco e frequento vecchi tipografi, so tutto di Bodoni, di Guttenberg, della grafica, del design grafico. E’ vero: io dovevo fare il tipografo.”

In molti dei suoi spettacoli c’è un mestiere


“Il mio. Mi piace raccontare quello che io farei volentieri. Io ho lavorato in cucina, sono chef e dopo è venuto fuori lo spettacolo “Pasticceri”. Nel teatro, che è finzione, se c’è questo briciolo di verità,  che si può adoperare ironicamente, uno mette dentro veramente se stesso. Insomma guardare il pubblico come esseri umani e non come personaggi è interessante. Farsi guardare dal pubblico e guardare il pubblico come delle persone. A me piace  che ogni tanto il pubblico mi guardi e pensi: “Ma questo qui è anche una persona non è solo un attore.” “

Qui al festival letteratura come si trova?


“Mi trovo benissimo. Ero già stato con il Moby Dick perché loro vanno proprio a caccia di quando la letteratura incontra il teatro. Mi piace molto, sono molto ospitali, cordiali e anche il pubblico è un po’ speciale, molto curioso. E’ ospite anche l’autore del testo, Pablo D’Ors “

Una Sua visione del personaggio


“August è una specie di ingenuo sereno che attraversa un’epoca che è il Novecento che si porta dentro un po’ tutto: la guerra in un modo ridicolo e assurdo, l’ amore in  modo così tenero e c’è la passione al lavoro. Dentro al testo c’è un’epoca di belle cose che sono valide ancora adesso. E poi c’è la bicicletta, dappertutto. “

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