martedì 7 dicembre 2010

Conversazioni: Franco Branciaroli


Incontro Franco Branciaroli prima dello spettacolo. Ha occhi azzurri molto espressivi e con tranquillità per me impensabile, spiega: <<Le parti sono tutte belle e facili perché i grandi testi sono facili da recitare. I veri testi difficili sono quelli che non valgono niente. Nella tragedia greca non ci sono personaggi, noi li chiamiamo così ma è sbagliatissimo: non hanno caratteri, non hanno psicologia, sono dei pensieri che si scontrano, non c’è un’interpretazione. La vera maestria per la tragedia greca consiste nel dire le parole>> insomma non la retorica che annoia subito, ma far  comprendere bene il senso. Aggiunge che le parole tradotte in italiano perdono i significati profondi che avevano in origine per cui occorre: <<fare uno sforzo per tramandare queste parole in maniera che si capisca l’immagine. Ecco il segreto. Tu devi far vedere l’immagine, che è anche un sistema  ottimo per recitare bene, aver subito l’immagine in testa e non parola per parola, non declamare a vuoto>>.  Sottolinea che il teatro occidentale si fonda sul testo, ci sono periodi in cui i testi ci sono e sono grandi e periodi in cui non lo sono, come quello che stiamo attraversando, ma sono mode che passano. Il teatro non sopporta le riforme, rimarrà se stesso. <<Il teatro non vive di letteratura, ma muore se se ne allontana: questa è la definizione più chiara che io ho trovato del teatro occidentale>>. Bastano tre frasi di Sofocle per stendere lo spettatore, ma occorre saperle dire perché  <<quello che si è trascurato in questi anni è l’attore, come se non contasse niente. Invece è il pilastro fondamentale>>. Spiega che il teatro, nel periodo che va dal ‘68 ad oggi,  ha fatto la figura di un’arte carente, in cui non si doveva saper recitare, ma per fortuna questa moda sta finendo. Aggiunge  che Sofocle era uno straordinario attore e in realtà, quando  andava in scena, il suo essere autore passava in secondo piano.

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