giovedì 27 gennaio 2011

Haber, Boni e Alberti portano in scena arte e amicizia.

 
 




 Marc rigido, intellettuale tradizionalista, fatica a comprendere la contemporaneità, resta chiuso nelle sue certezze e nei suoi giudizi taglienti; era il “mentore” dei due amici e rinfaccia all’amico Serge il suo cambiamento: “ai tempi in cui vedevi le cose come le vedo io eri orgoglioso della mia originalità” ma ora che l’ammirazione è svanita detesta l’autonomia dell’amico, si sente abbandonato e tradito.
Serge che viene da una separazione, si sta aprendo a nuove amicizie, aspira ad ambienti colti ed elevati. Si propone come innovatore, uomo moderno, mecenate contemporaneo, si prende molto sul serio, forse per nascondere la propria insicurezza.
Yvan sta per sposarsi, è l’unico ad avere problemi reali, una vita precaria che solo ora sembra aver trovato un momento di calma, ma non di felicità. E’ molto tollerante e cerca di rappacificare gli amici, è l’unico che sembra tenere sul serio all’amicizia. Sul palco quindi due litiganti ed  un paciere, a cui però viene resa la vita impossibile, i litiganti infatti concordano solo nel dare addosso al terzo: tutti e tre bravi, credibili e molto divertenti. La discussione permette ai tre attori di esprimersi al meglio, in un testo serrato che alterna dialoghi, riflessioni personali, dialoghi ipotetici con il pubblico.
Ma il testo è soprattutto una riflessione  di come il rapporto di amicizia sia soggetto al meccanismo di possesso: in cui l’altro è una giustificazione per affermare la propria esistenza e l’indipendenza dell’altro diventa una messa in crisi della propria identità.
Inaspettatamente nel finale l’amicizia si ricompone, ma tutto si basa su una menzogna: un nuovo interrogativo, se per far durare un rapporto sia necessaria la verità fino in fondo o se qualche piccola menzogna sia  il modo per permettere alle cose di andare avanti. 
Gli ambienti sono borghesi: tutto si svolge in moderni salotti, caratterizzati da un quadro diverso per ciascuno dei personaggi, quasi a volerlo rappresentare:  un clown triste per Yvan, un paesaggio tradizionale e un po’ rigido per  Marc, il quadro bianco che scatena l’azione per Serge.
Il testo di Yasmina Reza, pluripremiata autrice e attrice francese, sembra meglio di altri fotografare con ironia i meccanismi della società contemporanea, analizzando le radici dei comportamenti irrazionali di una borghesia pseudo-intellettuale.
Prima dello spettacolo la lettura di un comunicato di ERT ha invitato il pubblico a sostenere con la sua presenza gli eventi e la cultura , il lavoro di chi lotta contro la scarsità di fondi per tenere aperti i teatri e creare produzioni sottolineando il valore civile e sociale del teatro stesso. 

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