martedì 18 ottobre 2011

Teatro delle Passioni: ci piace

Ecco cosa ci piace del programma del Teatro delle Passioni di questa stagione e anche perchè.
E' piaciuto tantissimo la scorsa stagione Vittorio Franceschi, la sua recitazione poetica e toccante senza sbavature nè eccessi, il suo testo vitale e profondo. Lo si può rivedere quest'anno in Finale di partita, sapendo che si va incontro ad un testo di Samuel Beckett.



Il regista Castri affronta qui per la prima volta un testo del celebre drammaturgo irlandese.
Finale di partita, capolavoro del teatro di Samuel Beckett, deriva il titolo da una mossa del gioco degli scacchi. L'analogia tra il contenuto del testo e il gioco è stata espressa dallo stesso autore, che ne era un appassionato giocatore. Protagonisti in scena Hamm, cieco e condannato a trascorrere i suoi giorni su una sedia a rotelle e Clov, il suo servo. I due vivono un rapporto conflittuale, in cui si consumano continui litigi, ma anche una reciproca dipendenza. Clov vive nell’eterna tentazione di andarsene, ma pare non esserne capace. L’incalzante botta e risposta tra l’anziano Hamm e il suo servitore, che costituisce l'ordito più evidente della trama del testo, sembra un infinito alternarsi di mossa e contromossa scacchistica. Lo stesso Beckett, nel corso di alcune prove dello spettacolo allo Schiller Theater di Berlino, spiegò: "Hamm è il re in questa partita a scacchi persa fin dall'inizio. Nel finale fa delle mosse senza senso che soltanto un cattivo giocatore farebbe. Un bravo giocatore avrebbe già rinunciato da tempo. Sta soltanto cercando di rinviare la fine inevitabile".


Se in Aspettando Godot si riesce ad intravedere un’ambientazione quasi realistica – un albero, una strada di campagna – Finale di partita si svolge in uno scenario che oggi potremmo definire post-atomico: tutto lascia presagire che sia avvenuta una catastrofe che ha cancellato pressochè ogni traccia di vita sulla terra.
La stanza in cui si consuma Finale di partita è stata paragonata da alcuni critici come l’interno di una cavità cranica, per le alte due finestre centrali che potrebbero ricordare le cavità oculari. Altre letture hanno lasciato intendere che la scena sia in realtà l’interno di una grande arca che sta solcando il pianeta all’indomani di un nuovo diluvio esiziale.

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