lunedì 6 dicembre 2010

Edipo Re


Foto Tiziano Ghidorsi

Al Teatro Asioli di Correggio martedì scorso Franco Branciaroli, istrione e mattatore, ha portato in scena un “Edipo Re”, per la regia di Antonio Calenda,  che sembra avvenire tutto nella mente del protagonista, in una sorta di autoanalisi alla ricerca dell’identità e della verità. Si inizia con un buio totale, luci di taglio fortemente direzionate, lo spazio è concentrato. Branciaroli, sdraiato sul lettino sembra già assorbito dall’incubo del primo degli uomini che scopre passo dopo passo la verità e la sua vergogna. La tragedia è tutta già accaduta, resta la dolorosa scoperta di ciò che ha davanti agli occhi e non vede. Il tracotante Edipo che ha risolto il mistero della Sfinge  pensa di essere in grado di risolvere anche questo nuovo problema e con tenacia si lancia nell’indagine dai toni noir che lo porterà alla tragica realtà, indizio dopo indizio. Passando dalla convinzione di essere vittima di un complotto, arriverà a scoprire la verità su se stesso, perdendo ad una ad una le certezze sulla sua identità. Ma anche il senso di ogni suo gesto ne uscirà trasformato: il destino ha  giocato e vinto contro ogni sua volontà ed azione. Edipo ha inconsapevolmente ucciso il padre e sposato la madre, nel tentativo di sfuggire in ogni modo a questa previsione.
Branciaroli è il fulcro di tutto, la tragedia diventa quasi un monologo autoanalitico. L’attore interpreta Edipo, il veggente cieco Tiresia, la moglie Giocasta, ciascuno con una voce, un timbro caratteristico, dando vita ad un gioco teatrale di ruoli. E’ lui anche l’ultimo dei corifei, e, nel finale, è lui anche lo psicologo  che ha assistito alla presa di coscienza.
Molto bello ed intenso il dialogo serrato fra Edipo e Tiresia, in una sorta di gioco di ruoli e di  specchi con la propria coscienza. Nella messa in scena è piacevole e moderna la resa del coro, mentre altri elementi risultano un po' dei tentativi di "sembrare" moderni senza però andare fino in fondo, che portano a risultati  meno credibili come il personaggio collettivo solo alla fine e l'effetto un po’ farsesco della voce registrata fuori scena.
foto Tiziano Ghidorsi

(spettacolo visto il 23 Novembre)

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