sabato 7 gennaio 2012

A Cadelbosco Battiston e Testa

Al Teatro di Cadelbosco per il programma Altroteatro, il nuovo lavoro della coppia Giuseppe Battiston - Gianmaria Testa : da vedeere
ITALY
Sacro all' Italia raminga

Giuseppe Battiston legge ITALY di Giovanni Pascoli
musica di Gianmaria Testa (voce e chitarre)
Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa tornano di nuovo insieme in palcoscenico, dopo i successi di “18 mila giorni – Il Pitone”, a raccontare di Italia e delle migrazioni nostre del secolo scorso. Lo fanno attraverso la poesia e le parole di Giovanni Pascoli, ma anche attraverso la musica e le canzoni dello stesso Gianmaria Testa che al tema delle migrazioni contemporanee ha dedicato un intero album, “Da questa parte del mare”.
Italy” è un poema scritto da Pascoli nel 1904, composto da due canti per un totale di 450 versi. Ispirato ad una vicenda realmente accaduta ad un amico del poeta, ha come sottotitolo "Sacro all' Italia raminga", e narra le vicende di una famiglia di emigranti. Protagoniste della vicenda sono una bimba nata oltreoceano (in America) portata in Italia, a Caprona, dagli zii per curare la tisi, e sua nonna che la accudisce.
Vicenda personale a parte, Pascoli racconta in realtà le condizioni di un’Italia lontana nella storia e nella memoria; un’Italia che sotto la morsa della povertà lascia andare i suoi figli per il mondo in cerca di più fortuna; un’Italia che si lascia abbandonare perché incapace di accudire tutti i suoi figli: li manda lontano a edificare un nuovo mondo a confrontarsi con una società che non li vuole e che li vede stranieri in ogni luogo “orfani del mondo”. Un’Italia personificata, che si arrabbia, piange, si dispera e talvolta riesce a provare pena.
Pascoli ci parla di un ritorno. Gli emigrati confondono la loro lingua d’origine e non sanno più esprimersi, se non in dialetto, ma americanizzato, che rende difficile la comunicazione , che pone distanze e che acuisce questo senso di emarginazione; i ricordi del loro piccolo paese vengono sostituiti da nuovi ricordi, più grandi!: l’America, una enorme macchina che li accoglie nel suo ingranaggio, dove ognuno ha una possibilità.
Di un arrivo. La piccola Molly, a tutti gli effetti americana, appena sbarca diventa Maria, non conosce la lingua, non conosce i luoghi, e a differenza degli altri, per cui il tornare ha il sapore della malinconia, per Molly questo arrivo è fatto di cose tristi, nere, che fanno paura.
Dell’attesa di chi è rimasto. Di quest’attesa ferma nel tempo e nel ricordo; Immersa in una vita fatta di fatiche, di dolore, una vita passata a strappare alla propria terra un po’ di vita; che è testimone consapevole e rassegnata, che ha tanto pianto “pianto poi di nascosto, per non far più mesti/ i figli che … diceano addio , col canto” .
Di un conflitto, seppure inconsapevole, che emerge dall’incontro di due generazioni, nazionalità, lingue… che genera sempre il malinteso. Molly e la nonna all’inizio non riescono a comunicare, Molly parla solo con la sua bambola, non capisce gli usi, le abitudini di questo mondo sconosciuto. Per la nonna il suo parlare è simile al cinguettio degli uccelli… piano piano attraverso i gesti, gli sguardi e le poche parole condivise, riescono a costruire un loro linguaggio, un rapporto affettivo e un piccolo bagaglio di ricordi comuni.
E infine di una nuova partenza, ricca di promesse. Molly finalmente guarita dalla malattia deve tornare in America. Sente il peso di questo imperativo perché quest’Italia dapprima così “bad”, così inospitale diviene il luogo di nuovi ricordi, di nuovi affetti, il nonno e i visi cortesi incontrati per le strade di Caprona, e affetti perduti, poiché la nonna ammalatasi muore, diviene “sweet”, e tutti i ricordi e gli affetti divengono radici, radici di una terra sì amara e crudele, che però come una madre è capace di riaccogliere e abbracciare i suoi figli. Molly partirà, tornerà nel suo paese la “Merica”, ma con la promessa, la speranza, di poter tornare ancora in questo suo nuovo paese tanto lontano: [ “ tornerai Molly?” Rispondeva: - Sì!-]


Nella ricerca del materiale Pascoliano -dice Giuseppe Battiston- mi sono imbattuto in una serie di fotografie e di queste una mi ha colpito in modo particolare la foto di un barcone carico all’inverosimile. Di italiani.
L’analogia con i tempi che viviamo, con la nostra Storia contemporanea, che sarà “futura Storia e Memoria” è il motivo per cui ho scelto di proporre questo poema. Vorrei che l’Italia, gli italiani avessero rispetto per la propria Memoria e ne facessero un patrimonio”.
Giuseppe Battiston

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