domenica 22 gennaio 2012

Paolo Poli - conversazione 3


Si parla poi di teatro “Roland Barthes  dice che gli attori sono di due qualità: una che si adatta al personaggio, invece ci sono attori che tirano il personaggio a sé. Io sono di quella razza lì. La gente lo sa benissimo: sul palco parlo col pubblico, non sono un personaggio e così mi posso permettere di usare le scenografie all’antica italiana, alla burattina. I personaggi con Pirandello sono andati in cerca d’autore, non ci sono più  rimangono dei parametri antichi”. 
Il teatro di Poli ha un legame strettissimo con la letteratura: spiega “la vita di un uomo, l’esperienza diretta non può bastare a nessuno, invece la letteratura ti allarga le prospettive e gli orizzonti. Ho avuto la superbia e la modestia di rivolgermi sempre a qualche libro o autore per i miei spettacoli. In Italia non c’è il teatro, non esiste, abbiamo la Mandragola di Macchiavelli proprio perché lui era un genio che non capiva nulla per sé ma capiva tutto per gli altri. Dopo si salta a Goldoni che, essendo di Venezia, era più vicino a Vienna che a Roma. L’Italia non ha mai avuto la fisionomia politica che serve al teatro: quando, nel Rinascimento si sono formate Francia, Spagna e Inghilterra hanno avuto Moliere, Calderon e Shakespeare. Noi niente”. E la commedia dell’arte? “  è arte povera, se non c’era Strehler che faceva Arlecchino e se non c’era Ferruccio a far le capriole te le raccomando! Si salta poi a Pirandello. Noi abbiamo i poeti non abbiamo gli autori di teatro, però mi tengo il mio Gozzano e lo preferisco ad Arthur Miller. 
Il teatro è cambiatissimo: quando ho iniziato in scena c’erano 4 persone che parlavano continuamente. Ora la parola ha perduto potere, la gente ormai vuole più circense e non legge più nessuno.”

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