giovedì 19 gennaio 2012

Paolo Poli - conversazione 2


"Quest’anno mi sono rivolto alla letteratura di Anna Maria Ortese per il testo del mio spettacolo "Il mare". Ho sempre apprezzato le donne scrittrici; da giovinetto ho conosciuto Sibilla Alleramo, donna di grande sincerità;  tutte le curiosità della persona viva la letteratura non può darla e Sibilla era spiritosissima. Dopo ho conosciuto la Ginzburg. Rimasi colpito dal libricino “Le piccole virtù” che lei da ebrea diceva noi ai nostri figli si insegnan solo le piccole virtù, il risparmio, la prudenza mentre bisognerebbe insegnare l’amore la generosità. Io mi commossi e le telefonai vorrei fare in teatro il suo libro e lei rispose che non le interessava, poi invece per  Adriana Asti scrisse “Ti ho sposato per allegria.”
Camilla Cederna che ha tenuto testa ai presidenti della Repubblica, ha perso, ha pagato ogni cosa, di tutte ne ha fatte, però era spiritosa; Aspesi, la mia prima amica milanese, donne con la penna in mano, fino a Laura Betti che ho conosciuto a Roma, generosa e innamorata di Pasolini.
 
Della Ortese mi è piaciuta la stranezza. Volutamente ha scritto in maniera curiosa con un occhio a Joyce e l’altro a Kafka. Io non potevo usare i romanzi, troppo complicati, ho preso le novelle da lei pubblicate su varie testate durante gli anni ‘30 e a seguire. Ora postuma è uscita un’antologia, “Angelici dolori” di Adelphi, da lì ne ho prese undici. Una l’ho presa da “Il mare non bagna Napoli”. E’ la storia di una bambina miope che vede il mondo bello, quando si mette gli occhiali vede la realtà, l’orrore e la meraviglia di Napoli e l’ho messo in fondo perché mi pareva uno dei più belli.
Di questi 12 racconti sei sono a monologo perché raccontano l’esperienza diretta della scrittrice. Lei non ha mai fatto studi regolari, ha fatto da sé arrabattandosi ma è così che si fa. Abbacinata dal vedere la sua scrittura pubblicata si è messa a scrivere: aveva fatto solo le scuole elementari. 
Altri sei racconti li ho sceneggiati a personaggi e entro a fare delle comparse. Invece di parlare dei periodi storici ho infilato le canzonette, come sempre faccio, perché l’Italia è la terra di Giuseppe Verdi e l’unica unità italiana l’abbiamo avuta nell’Opera, che è stata la nostra trovata. Inoltre la parola ha perduto molto del suo impatto, il pubblico segue meglio le canzonette.”

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