venerdì 17 giugno 2011

Padiglione Italia

Tante le polemiche sul padiglione Italia dal momento che la scelta curatoriale è caduta su Vittorio Sgarbi. Il bello della Biennale è che tutto è concesso. E le polemiche sono certe in ogni caso.
Del padiglione si è detto molto.  Segue un principio innovativo: chiedere ad intellettuali in capi diversi del sapere di fare il nome di un artista contemporaneo, a loro giudizio, meritevole. Questo senza ulteriori filtri (ma ad onor del vero con qualche "infiltrato"). 
Il padiglione è una sorta di enciclopedia, uni stato delle cose nell’arte contemporanea in Italia.
Mostra una iper ricchezza di idee, modi, stimoli diversi e involontariamente è un’allegoria straordinaria della ricchezza ma anche della confusione totale del nostro paese. La ridondanza, il troppo che stanca e affatica la visione è lo stresso fastidio dei media, della politica, della vita italian. Questo mi sembra il merito maggiore seppure inconsapevole. Mostra tanto, troppo; chiede pazienza e di guardare per cercare qualcosa. Permette a tutti di trovare qualcosa da salvare o da criticare. Racconta questa Italia in cui la bellezza te la devi andare a cercare; è faticoso, così come lo è il paese ora, ma anche inventivo, vario.
Infastidisce la sovrabbondanza di opere, l’assenza di spazi, ma non credo ci si potesse attendere minimalismo da Sgarbi. Fra le opere, tanti gli omaggi al 150 anniversario. Si nota la cura e lo spazio  per il Museo della Mafia, allestito come  i musei della tortura ad esprimere tutta la critica ad un sistema di violenza e soppraffazione.


Proprio la ricca offerta di spazi a Venezia legati al mondo della moda ed impegnati a esporre e promuovere gli stessi artisti “chic” (Koons, Kapoor, Hirst, Cattelan per fare qualche nome) è stato il fulcro dell’attacco di Vittorio Sgarbi, che dichiara di presentare nel padiglione gli artisti italiani, senza distinguo di quotazioni e mode.

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