giovedì 25 novembre 2010

A teatro spopolano i monologhi : tendenze o mercato? parte 1


«Pochi attori per spendere meno»

Stabile, il cartellone al tempo della crisi: scelta obbligata

Laura Barbiani (archivio)
Laura Barbiani (archivio)

Shakespeare? Dimenticatelo. C'è bisogno di assumere troppa gente per mandarlo in scena e di soldi non ce ne sono più. Al massimo si potrà fare una versione moderna e introspettiva dell'Otello con pochi attori e tanti dialoghi. O un Romeo e Giulietta con due sfortunati amanti e un gruppetto di cinque- sei comparse che interpretano più parti cambiandosi velocemente d'abito come è già visibile dai cartelloni dello Stabile di quest'anno. «Gli sceneggiatori ormai si sono abituati e scrivono testi per due o tre attori non di più», spiega la presidente del teatro Stabile del Veneto Laura Barbiani. Allo Stabile hanno iniziato tagliando le scenografie che ora sono le più minimal possibile per poter stare dentro un solo camion durante le tournée e risparmiare così in autisti, benzina e autostrade, poi via con le luci e infine anche i compensi degli attori. Di fatto le stagioni dei teatri stabili sono destinate a mandare in scena sempre più spesso Beckett o Ionesco al posto dei classici.
Aspettare Godot o discutere della cantatrice calva richiede poche risorse. Autori come il veneziano Tiziano Scarpa ormai ne fanno addirittura un cavallo di battaglia e di volta in volta partono proprio dal numero di attori necessari in scena e lo stesso Alessandro Gassman che andrà in scena venerdì al Goldoni nei panni di regista con Immanuel Kant ha optato per comparse trasformiste capaci di recitare più parti quasi contemporaneamente. «Il problema è che i tagli del Fus sono stati fatti senza alcun criterio - aggiunge Barbiani - coinvolgono allo stesso modo tutti i settori del mondo artistico e non si fa alcun ragionamento di qualità». A sentire la presidente che parla di un taglio del 20 per cento (200 mila euro su un milione di finanziamenti) «il Ministero ha tutto il diritto di ridurre i trasferimenti, ma serve che qualcuno operi una scelta. C'è bisogno di un'assunzione di responsabilità e di parametri entro quali stare, non si può tagliare a casaccio ». A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi anni infatti i teatri stabili si sono moltiplicati per tutta il territorio e hanno assorbito parte dei trasferimenti regionali riducendo ulteriormente la fetta che spettava ai teatri storici. «I sindaci dei piccoli Comuni ormai preferiscono usare le risorse per mettere in scena uno spettacolo con qualche personaggio della Tv nei loro teatri - conclude Barbiani - E anche questo è un problema».

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