martedì 15 marzo 2011

Gianmaria Testa: intervista 2


Rispetto ad un concerto,  cosa  mette in gioco in più in un progetto come questo?
“In un concerto ho più l’impressione di avere un dialogo con un pubblico ed è a suo modo anche un monologo, ma lo conduco io, insieme al pubblico ovviamente. Qui invece no, si è al servizio di un’idea, un progetto che coinvolge Giuseppe, me, il regista, lo scrittore: sono parte di una cosa più grande di me. E’ più difficile da mettere in piedi, però i progetti collettivi mi danno più soddisfazione di quelli individuali. Io imparo molte cose e poi mi metto al servizio di un tema che è assolutamente drammaticamente presente che è quello del lavoro. Questo monologo parla di un uomo che a 50 anni perde il lavoro ed è semplicemente fottuto. Questa per sfortuna è una cosa che succede molto spesso. Non un uomo particolare, ma uno qualunque, con le sue miserie, le sue nobiltà, con le sue piccinerie, le sue grandezze: perde il lavoro e si rende conto che è fregato, lui non sa neanche bene da chi, però si sente fregato. C’è una condivisione tematica da parte di tutti noi e della produzione, si voleva proprio raccontarla così.”

Qual è la risposta del pubblico?
“Una persona che è venuta per curiosità a vedere lo spettacolo a Roma, mi ha scritto che era partita prevenuta perché ama molto Battiston come attore, viene spesso ai miei concerti, ma non riusciva ad immaginarsi una cosa insieme. Mi ha scritto: “mi avete veramente piacevolmente stupita”. Credo che questa impressione l’abbia fatta anche agli altri e sono contento.”

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